Chi e con quanto sono andati in pensione gli italiani nel 2019?

Giovedì 30 gennaio appena trascorso l’INPS ha pubblicato l’”Osservatorio dei flussi di pensionamento” rispetto agli anni 2018 e 2019, con i dati aggiornati fino al 2 gennaio 2020. Innanzitutto si è trattato di anni in cui le tappe principali, quanto a regole di pensionamento, sono state le seguenti:
  • equiparazione di uomini e donne per i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia (2018)
  • stabilizzato il requisito di 41 anni di contributi per per i lavoratori cosiddetti precoci (2018)
  • confermati i requisiti di 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini ai fini della pensione anticipata (2019)
  • introdotta quota 100 come ulteriore via di pensionamento anticipato (2019).

Pensioni anticipate aumentate del 56% nel 2019

Tutte questi cambiamenti hanno influito sulle modalità d’uscita dei lavoratori, con un aumento del 29% delle pensioni anticipate e una diminuzione del 15% di quella di vecchiaia (66 anni e 7 mesi nel 2018 e 67 anni nel 2019). Nel 2019, inoltre, l’incremento dei pensionamenti in via anticipata è stato di ben il 56% rispetto al 2018, dovuto da un lato all’introduzione di quota 100 e dall’altro all’aumento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia.

 

In particolare, dal punto di vista della tipologia della prestazione, ecco come sono distribuite le pensioni liquidate nel 2019 dalla gestione dei lavoratori dipendenti del settore privato (FPLD – fondo pensioni lavoratori dipendenti) e da quelle dei lavoratori autonomi e parasubordinati:

La percentuale di pensioni di vecchiaia ammonta all’11% per i lavoratori dipendenti e al 26% per i lavoratori autonomi, contro rispettivamente il 42% e il 35% delle pensioni anticipate.

 

L’osservatorio dell’INPS ha analizzato le pensioni liquidate anche per:

  • regime di calcolo
  • età e sesso
  • area geografica
  • fasce di importo.

Secondo queste ulteriori classificazioni è emerso che la maggior parte dei pensionati è in regime misto contributivo-retributivo e solo una minima parte integralmente sotto il regime contributivo, dato confermato in tutte le gestioni INPS.

Quanto all’età media dei pensionati, nell’ambito del settore privato, quella di vecchiaia è pari a 66,8 anni nel 2019, mentre quella anticipata di 62 anni (2 in più rispetto al 2018). Rispetto al sesso, è aumentata nel 2019 rispetto all’anno precedente la percentuale di pensionamenti femminili su quelli maschili, con un +9%.

Dal punto di vista geografico, il peso maggiore delle pensioni liquidate si registra nel nord Italia, soprattutto a nord ovest, a seguire il sud e Isole e il centro.

Pensioni: la maggior parte entro i 1.000 euro mensili

Maggiormente variegata la situazione per quanto riguarda le fasce di importo delle pensioni liquidate nelle diverse gestioni INPS.

Infatti, da un lato è comune il fatto che la maggior parte degli assegni è di ammontare tra i 500 euro e i 1.000 euro mensili, la distribuzione cambia rispetto alle fasce più alte con differenze più marcate tra lavoratori dipendenti e autonomi.

Come illustrato nell’Osservatorio dell’INPS la differenza tra assegni nelle prime fasce di importo e in quelle più elevate è più marcata per gli artigiani e i commercianti rispetto ai lavoratori dipendenti.

Questi dati per gli anni 2018 e 2019 confermano in realtà un fenomeno più generale, ossia di pensioni pubbliche inferiori nell’ambito del lavoro autonomo rispetto a quello privato.

 

Resta fermo il fatto che per tutti i lavoratori la pensione pubblica non coprirà l’intero ammontare della pensione pubblica, ma solo una parte. Di conseguenza resta un gap previdenziale da colmare. Lo strumento mirato è la previdenza integrativa e tutti i suoi vantaggi.

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