“L’economia spiegata in maniera semplice”: due chiacchiere con @imenjane

“Credo fermamente che la disinformazione, soprattutto in ambito economico, sia uno dei grandi problemi dell’Italia”; la pensa così Imen Boulahrajane, Junior Economist e Digital Creator classe 1994.

La sua missione? Raccontare i temi più caldi dell’economia nazionale e internazionale attraverso lo strumento del momento: le Instagram Stories.  Si rivolge a un pubblico di giovani e giovanissimi con un linguaggio semplice e smart . Comunicazione come uno sforzo di inclusione, capire, entrare nel linguaggio, partire dalle basi senza essere mai banale o semplicistico.

L’abbiamo incontrata a Milano per farci raccontare la sua storia e fare due chiacchiere sul futuro dei giovani.

Raccontaci qual è stato il tuo percorso. Come mai hai deciso di occuparti di economia e finanza, proprio su Instagram?

“Sono sempre stata attenta ai temi di attualità. In particolare, all’età di sette anni, quando c’è stato il crollo delle torri gemelle, visto le mie origini marocchine da parte di padre mi son sentita in dovere di informarmi e da lì l’informazione è diventata il mio pane quotidiano. Le persone cominciarono a chiedere la mia opinione su tematiche spesso più grandi di me e dunque, per poter rispondere in modo consapevole, l’informazione, soprattutto in ambito politico economico è diventata parte del mio percorso di crescita, dalle elementari all’università e tutt’oggi. 

Nel frattempo, alle superiori, ho avuto anche un professore di filosofia che mi ha aiutato in questo percorso: ci ha spiegato le varie guerre, soprattutto la seconda guerra mondiale, dal punto di vista economico senza entrare nel merito del “buono e cattivo”. Tutto questo non ha fatto altro che incrementare la mia passione che oltretutto amo condividere con i miei coetanei.”

Quanto è difficile rendere “semplici” temi complessi?

“Il mio motto è: semplice ma non semplicistico. La semplificazione è uno sforzo: se dopo un film si prova a chiedere a qualcuno di riassumerlo in un minuto semplificandolo, la questione diventa difficile. Si tratta di un lavoro che non tutti sono capaci di fare, soprattutto con i temi di estrema complessità. 

A me piace schematizzare e rendere fruibili gli argomenti. Chiaramente si tratta di un lavoro lungo, bisogna rifletterci e rendersi conto che spesso di fronte si hanno persone che non hanno i nostri stessi strumenti ed è dunque necessario trasformare il messaggio in modo da renderlo comprensibile a tutti, anche ad esempio alla mia sorellina tredicenne. 

Il semplice ma non semplicistico non vuol dire trattare l’interlocutore come stupido ma interfacciarsi con una una persona che come detto non ha i miei stessi mezzi . Bisogna prima di tutto dare i mezzi necessari a comprendere e poi attraverso questi spiegare la questione. 

I media tradizionali trasmettono le notizie in modo standardizzato, tutti allo stesso modo, dimenticandosi di tutta quella fetta di persone che non ha gli stessi strumenti. La mia idea di concettualizzare temi politico economici semplificandoli è sicuramente innovativa e in questo sto avendo un grande riscontro.”

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Quanto è importante la consapevolezza per affrontare le insicurezze sul futuro?

“L’informazione rappresenta sicuramente uno strumento utile per sopravvivere e la conoscenza permette di fare delle scelte consapevoli

L’instabilità economica è in parte dovuta alle diverse crisi susseguitesi negli anni e dalle quali non ci siamo mai più rialzati. In particolare, dopo quella del 2008 ne abbiamo avuta un’altra nel 2011 dopo la quale non ci siamo mai realmente rialzati. 

Vista l’instabilità politica e la conseguente incertezza anche economica, cresce la paura e aumenta la propensione al risparmio, tipica del popolo italiano risparmiatore per eccellenza. 

L’incertezza è dovuta anche a una scarsa informazione: gli italiani non leggono molto, non si informano e quindi davanti alle cose che non si conosce scatta inevitabilmente la paura. Credo questo sia dovuto alla mancanza di strumenti adatti a fare informazione. Dovrebbero esserci delle campagne di sensibilizzazione anche solo per scoprire i nuovi strumenti per andare in pensione, quali sono le offerte, i diversi target. Non essendoci, il tema pensionistico genera inevitabilmente sensazioni di paura nel popolo italiano.”

I millennials e la generazione Z come stanno affrontando i temi legati al futuro?

“La mia generazione può contare su maggiori strumenti rispetto alla precedente tuttavia, resta ferma la poca consapevolezza del proprio futuro. Da una parte questa è data dall’incertezza derivante dalla sfera lavorativa: la preoccupazione maggiore dei giovani sta nella ricerca del lavoro di conseguenza anche la pensione è vista come qualcosa di molto molto molto lontano, che non ha a che vedere con la vita quotidiana. Dall’altra i tempi si allungano, molti giovani finiscono gli studi a 27 anni, iniziano il lavoro a 28, la gavetta finisce a 30 e così via. Prima di trovare casa e sistemarsi passano parecchi anni. La mia generazione si concentra molto sui problemi del quotidiano e non è attiva nel cosiddetto sistema statale in quanto il coinvolgimento da parte delle istituzioni è ancora minimo, soprattutto a livello di diffusione di informazioni. 

Oggi un ragazzo di vent’anni si informa attraverso i social e non più attraverso la tv o i giornali, di conseguenza è chiaro che tutte le campagne da parte delle istituzioni, ad esempio dell’Inps, per essere efficaci, dovrebbero utilizzare questi strumenti altrimenti rischiano di “non arrivare”. 

Serve un’inversione di tendenza nella diffusione di notizie che deve comprendere canali in grado di raggiungere una platea più ampia. Mi auguro che anche il nostro paese si adegui a questa nuova esigenza al pari di ciò che sta accadendo all’estero. La comunicazione oggi è tutto.

In un contesto che vedrà carriere sempre più discontinue e un sistema pensionistico pubblico in cui sarà difficile far quadrare i conti, pensi che la previdenza integrativa unita alla tecnologia possa “aiutare” le persone a costruire il proprio futuro?

“Siamo tutti d’accordo che il mercato del lavoro è cambiato radicalmente: gli orari e i luoghi di lavoro sono più flessibili, si può lavorare da casa o dall’estero, si può fare pit stop, cioè lavorare un anno sì e un anno no. 

Essendo cambiato il mercato del lavoro, per forza di cose anche il sistema pensionistico dovrebbe cambiare così da rispondere alle esigenze delle nuove carriere lavorative.  I percorsi sono oggi estremamente diversi da quelli del passato, dei nostri genitori e nonni. Si è assistito a una rivoluzione, vissuta anche dalla mia generazione e che necessita di una rivisitazione dell’attuale normativa in grado di venire incontro alle esigenze dei lavoratori attuali e far comprendere le varie opzioni che si hanno a disposizione. La mia generazione, quella di coloro che hanno lavorato all’estero, che hanno avuto carriere discontinue, che hanno lavorato magari 5 anni e un anno no, che hanno deciso di passare a diversi contratti quindi magari da dipendente a libero professionista, ha bisogno di consapevolezza, l’unica in grado di renderci molto più sicuri.  

L’informazione e la sicurezza ci rendono consapevoli di quale siano le nostre migliori opzioni e in questo senso la strada che tutti dovremo percorrere è quella della pensione integrativa.  Oggi possiamo dire che il sistema pensionistico nazionale non potrà reggere e non potrà far fronte al costante invecchiamento della popolazione. I giovani sono pochi quindi necessariamente le cose dovranno cambiare ma intanto è importante che ognuno per conto proprio inizi a prendere consapevolezza del proprio futuro pensionistico.”

Un confronto estremamente vivace e interessante quello con Imen: sono diversi i valori che condividiamo con lei. Informazione, consapevolezza, coraggio delle scelte.

Le nostre strade si incroceranno di nuovo prossimamente…? 

Noi di propensione pensiamo (e speriamo!) di si.

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