PIL a zero? Pensioni più basse del 30%

Il termine PIL  (Prodotto Interno Lordo) indica il valore dei prodotti e dei servizi realizzati all’interno di uno Stato in un determinato arco temporale grazie al quale è possibile misurare la salute di un sistema economico. Che la crescita economica di un paese influisca a 360° sulle vite dei propri cittadini è scontato: al crescere del PIL corrisponde anche una naturale crescita dell’occupazione, della ricchezza, del benessere, mentre un PIL negativo produrrà l’effetto contrario. Tuttavia, ci possono essere delle implicazioni o conseguenze che a una prima analisi non ci verrebbe subito da considerare, ad esempio l’effetto che il PIL può avere sulle pensioni.

 

A parlarne è il quotidiano economico-finanziario Milano e Finanza del 14 settembre con un articolo nel quale, grazie alle simulazioni realizzate dalla società di consulenza indipendente Progetica, è possibile vedere gli effetti che le variazioni del PIL possono produrre sugli assegni pensionistici.

 

Il calcolo delle rendite pensionistiche pubbliche, oltre alla data di ingresso nel mondo del lavoro, al montante dei contributi versati e all’eventuale discontinuità delle carriere lavorative deve necessariamente prendere in considerazione anche la crescita del paese. Si tratta di un elemento importante il cui andamento influisce parecchio sull’importo della futura pensione pubblica considerando il fatto che secondo le regole del sistema di calcolo pensionistico contributivo il montante deve essere rivalutato di anno in anno sulla base del tasso annuo di capitalizzazione risultante dalla variazione media quinquennale, calcolata dall’Istat, del PIL.

 

Quanto influisce sull’assegno pensionistico un PIL dello zero % rispetto a quello del 1,5%?

L’elaborazione di Progetica pubblicata su Milano e Finanza illustra le variazioni di importo dell’assegno pensionistico a seconda dell’andamento del PIL. In particolare, prendendo in considerazione due categorie di lavoratori dipendenti e autonomi, rispettivamente di 30, 40, 50 e 60 anni, hanno considerato l’incidenza sull’assegno pensionistico che queste categorie di lavoratori andranno a percepire di tre ipotesi di PIl:
  • a crescita zero
  • a crescita dello 0,5%
  • a crescita dell’1,5%
Fonte: elaborazione Progetina da Milano e Finanza
Fonte: elaborazione Progetina da Milano e Finanza
Dalle due elaborazioni è evidente l’impatto che una variazione percentuale, anche minima, del PIL può avere. In particolare, un lavoratore dipendente di 30 anni, con uno stipendio mensile netto di 1.500€ e un’età pensionabile stimata a 66 anni e 10 mesi potrebbe ottenere, una volta raggiunti i requisiti per il pensionamento, una pensione mensile pari a 1.418€ nel caso in cui si fosse registrata una crescita del PIL dell’1,5%, una pensione pari a 1.187€ nel caso di un PIL dello 0,5% e infine, una pensione pari a 1.098€ nel caso di un PIL a crescita 0%.

Si tratta di una bella differenza di importi in quanto un PIL dello zero piuttosto che dell’1,5% cambierebbe di ben 320€ l’importo della pensione mensile (29%). Come indicato dalle proiezioni, per i lavoratori autonomi questa differenza sarà ancora più marcata.

 

Tutelarsi dagli effetti del PIL con un fondo pensione

 

Dunque, alla stregua di queste analisi emerge che un PIL basso o negativo diminuirà ancora di più  l’importo della pensione aumentando di conseguenza anche il gap previdenziale, cioè la differenza tra pensione pubblica e ultimo reddito mentre, un PIL basso o negativo diminuirà l’importo della pensione aumentando di conseguenza anche il gap previdenziale.

 

Un modo per tutelarsi c’è: aderire a un fondo pensione e costruirsi una pensione di scorta che si aggiunge alla pensione pubblica. Grazie alla previdenza integrativa sarà possibile diminuire il gap previdenziale e contare su risorse aggiuntive utili a mantenere un tenore di vita adeguato anche da pensionati.  

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