Cassa Forense 2021: avvocati in pensione a 70 anni d’età e con 35 anni di contributi

Risale al 2009 la riforma della Cassa Forense che ha previsto un graduale aumento dei requisiti di accesso alla pensione nel corso degli anni, fino ai requisiti minimi per la pensione di vecchiaia degli avvocati, in vigore dal 1 gennaio 2021.

In particolare, ora sono necessari 70 di età e almeno 35 anni di effettiva iscrizione e integrale contribuzione alla Cassa. I requisiti anagrafici e contributivi sono quindi aumentati di un anno rispetto al biennio precedente, quando a partire dal 1 gennaio del 2019 erano richiesti rispettivamente 69 anni d’età e 34 anni di contributi.

Inoltre, essendo la pensione determinata con metodo di calcolo retributivo, è aumentata di un anno la media dei redditi professionali di riferimento su cui determinare la quota di base della pensione di vecchiaia, che sempre dal 1 gennaio di quest’anno passano a 30 anni (dai 29 anni precedenti).

 

Pensioni avvocati 2021: altre vie di accesso anticipato

Restano invariati, invece, i requisiti per le altre vie di accesso anticipato alla pensione per gli avvocati

Per la pensione di vecchiaia anticipata sono necessari sempre 35 anni di contributi ma un’età anagrafica di 65 anni.

Per la pensione di anzianità, invece, i requisiti previsti già dal 1 gennaio 2020, sono 62 anni di età e almeno 40 anni di effettiva iscrizione e integrale contribuzione alla Cassa.

Un’altra via di pensionamento, infine, è prevista per chi ha raggiunto solamente il requisito anagrafico di 70 anni d’età (pensione di vecchiaia) ma non quello contributivo, ossia la pensione di vecchiaia contributiva, calcolata, quindi, secondo il metodo contributivo. In questo caso, si può richiedere la prestazione se:

– si hanno più di 5 anni di effettiva iscrizione e integrale contribuzione alla Cassa

– non ci si è avvalsi dell’istituto della ricongiunzione verso un altro Ente previdenziale o della totalizzazione o del cumulo.

Come precisato nello stesso regolamento, si ha la facoltà di rimandare il pensionamento e di proseguire nei versamenti dei contributi così da raggiungere una maggiore anzianità o maturare prestazioni di tipo retributivo.

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La pensione integrativa per gli avvocati

Anche la categoria degli avvocati necessita di una pensione integrativa da affiancare a quella pubblica dal momento che sarà inevitabilmente inferiore rispetto al reddito goduto in attività. Spesso la differenza non coperta dall’assegno pensionistico, nota come gap previdenziale, è piuttosto elevata non garantendo da sola un tenore di vita adeguato. Se per i lavoratori dipendenti, infatti, le ultime stime della Ragioneria dello Stato prevedono un gap previdenziale tra il 30%-40% per i lavoratori autonomi e liberi professionisti come gli avvocati può raggiungere il 70%.

Per esempio, un avvocato nato nel 1975, che oggi ha una contribuzione integrale alla Cassa Forense di 16 anni e con un reddito annuo lordo di circa 64.000 euro si stima possa andare in pensione all’età di 65 anni con un gap previdenziale di ben il 68%.

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Da un giorno all’altro, quindi, la sua entrata diminuirà notevolmente, passando da un reddito lordo prima della pensione di più di 75.000 euro annui ad una pensione annua lorda di poco superiore ai 24.000 euro.

 

Grazie alla pensione integrativa, costruita con il fondo pensione giusto, è possibile colmare questo gap previdenziale, tutelando il proprio futuro oltretutto tra notevoli vantaggi fiscali

 

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